Campo delle Rose, il rifugio dei disabili psichici

C’è un luogo del cuore alle porte di Viterbo.

E’ lì sulla Commenda, a due passi da Marta ma ancora nel territorio del capoluogo. Si chiama da sempre Campo delle Rose, un nome romantico e suggestivo che evoca piacevoli sensazioni di pace e di amore.

In quella zona sta sorgendo una struttura residenziale protetta destinata ad accogliere disabili psichici gravi, attualmente ospitati in Toscana visto nella Tuscia non esistono spazi in grado di assistere patologie di tale entità.

Si tratta precisamente dell’Istituto privato di riabilitazione “Madre della Divina Provvidenza dei Passionisti” che sorge in località Agazzi Alto nella zona di Arezzo: una ventina i ricoverati provenienti dal Viterbese.

Campo delle Rose (perché la struttura si chiamerà come la zona) nasce da un’esigenza primaria: riportare a casa quei ragazzi. Un sogno cominciato una decina di anni fa per merito e su iniziativa della famiglia Di Biagio, titolare dell’omonimo caseificio; in particolare di Riccardo, il papà di Andrea, uno dei giovani (oggi ha 27 anni) ospitato ad Arezzo ormai da diverso tempo. “Il mio Andrea – racconta la mamma, Franca Sassara – cominciò a star male quando aveva 8 anni. Con immaginabili sacrifici è rimasto con noi fino a quando ne aveva 20, ma a quel punto diventò non più rinviabile una decisione che ci spezzò il cuore: non era più possibile, nonostante tutta le cure e l’assistenza prestate, tenerlo in casa e quindi decidemmo di portarlo ad Arezzo. L’idea di creare una sorta di casa famiglia, sul modello di quella toscana, già frullava nella testa di mio marito, ma il trasferimento di nostro figlio in un altro posto accelerò la decisione”.

Una sana e lucida follia, quella di Riccardo, portata avanti con determinazione e caparbietà. Oggi, come testimoniano le immagini, Campo delle Rose è ormai in avanzata fase di completamento (è costato finora già una cifra consistente, interamente sborsata dalla famiglia Di Biagio), ma ne servono ancora 300mila per sistemare definitivamente la struttura. “Siamo in attesa – continua la signora Sassara – della concessione di un ulteriore mutuo da parte delle banche”. E aggiunge con un pizzico di comprensibile orgoglio: “Stiamo andando avanti impegnando tutte le nostre ricorse economiche: uno sforzo continuo sorretto da un’incrollabile fiducia nel futuro”.

Magari vi aspettavate un aiuto anche da parte del pubblico… “Sinceramente no. La legge sul ‘Dopo di noi’ non prevede finanziamenti per questo tipo di realizzazioni e quindi non ci abbiamo mai fatto conto. Piuttosto voglio sottolineare la costante e proficua collaborazione con la Asl e con il Comune di Viterbo. Sia con la dottoressa Donetti, attuale direttore generale, che con il predecessore dottor Macchitella, i rapporti sono stati continui e improntati alla massima disponibilità. Inizialmente, per ragioni di continuità, saranno proprio gli operatori di Arezzo a garantire l’assistenza e a formare soprattutto una classe di assistenti tutti viterbesi e capaci di gestire la disabilità grave. Quando la struttura funzionerà, si creeranno decine di posti di lavoro che potranno soddisfare le esigenze di diverse famiglie”. Accennava anche all’amministrazione comunale… “Ho avuto contatti diretti con il vice sindaco Luisa Ciambella e ho personalmente assistito ai lavori della commissione che si occupava della trasformazione d’uso e ho trovato in tutti, di qualunque partito, massima solidarietà e spirito di collaborazione. Ho avuto la possibilità di illustrare le finalità del progetto e di dimostrare che non c’è alcuno scopo di lucro da parte nostra e dell’Associazione onlus Campo delle Rose, presieduta da Graziella Iacopone e composta da 11 membri, tutti genitori o familiari di ragazzi ricoverati in Toscana. Peraltro l’esperienza dimostra che in Italia le strutture di questo genere che funzionano sono tutte private e spesso realizzate dalle famiglie. A noi interessa solo riportare i nostri figli e fratelli qui, nella loro terra”.

La struttura è stata progettata da un ingegnere specialista in edilizia sanitaria; consta di un pianoterra di circa 1200 metriquadrati coperti e di un primo piano piano di identica superficie; ai quali vanno vanno aggiunti le aree all’aperto che permetteranno di svolgere molteplici attività a cominciare da un progetto di agricoltura sociale curato da Martino Rebonato, un esperto della materia. Naturalmente è prevista una zona per gli uffici e per poter ospitare il personale. Gli spazi e i laboratori interni hanno una caratteristica particolare: ovunque è stato possibile sono stati progettati con linee curve, eliminando gli spigoli che pare diano piuttosto fastidio a coloro che soffrono di queste patologie. “Alla fine – sottolinea Franca Sassara – Campo delle Rose sarà in grado di ospitare 6 persone in regime residenziale e 40 in regime diurno. All’inizio, però, si partirà con 6 posti letto e 20 malati che resteranno nel centro per tutta la giornata, ma non la notte”. Se il mutuo arrivasse domani, in quanto tempo si concluderebbero i lavori? “Pochi mesi, credetemi. Sono abbastanza sicura, conoscendo mio marito, che per la fine dell’anno (forse anche prima…), sarebbe tutto pronto. In un magazzino sono stati depositati gli infissi e l’impianto di climatizzazione: devono solo essere montati”.

La famiglia Di Biagio ci mette il cuore (e non solo…) per un sogno che sta diventando realtà. Una serie di sforzi e sacrifici che saranno ripagati solo quando finalmente quei ragazzi potranno tornare a casa.

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